


46. Stringozzi Talocciani di Fara in Sabina
La storia
Lo stringozzo talocciano è la tradizionale pasta fresca tipica di Talocci, frazione di Fara in Sabina, storico borgo di origini medievali arroccato sul Colle Buzio, situato tra i Monti Sabini e la Valle del Tevere, in provincia di Rieti e noto per custodire nel suo territorio la monumentale Abbazia di Farfa. La sua ricetta nacque trentadue anni fa, per volontà di un gruppo di amici trentenni, appartenenti alla Proloco Talocci che dopo vari tentativi trovarono la ricetta perfetta per questa specie di spaghettone dalla forma quadrata e si prodigarono per realizzare la prima sagra a Talocci, ad esso interamente dedicata. La sua ricetta è realizzata con ingredienti semplici quali acqua, farina di grano tenero, olio extra vergine di oliva e uova. L’impasto ottenuto viene trafilato in bronzo direttamente in acqua bollente salata, tramite un’apposita pressa ideata e progettata dalla stessa Associazione Protalocci. Se ne ottiene un formato di pasta che si contraddistingue per il taglio quadrato che ricorda quello delle stringhe di cuoio che si utilizzavano un tempo come lacci per scarpe, da cui potrebbe provenire il nome. Dopo brevissima cottura di soli uno o due minuti, la pasta viene scolata quindi condita con un ragù tipico e di lunga lavorazione composto da prodotti del territorio, ovvero pomodoro, guanciale e carne mista. Il piatto deve essere consumato caldo aggiungendo, a piacere, parmigiano o pecorino. Ancora oggi, dopo tanti anni, a Talocci nella prima settimana di luglio si tiene la Sagra degli Stringozzi in cui è possibile gustare questo primo piatto tradizionale.

Il prodotto
Lo Stringozzo talocciano ha un colore giallo paglierino mediamente intenso ed omogeneo e si contraddistingue per l’alta integrità dopo la cottura. L’elevata intensità olfattiva si caratterizza per le note di cereali, farina e uovo. Al gusto si presenta armonicamente dolce con una leggera nota salata. Buona la consistenza e l’elasticità.
L’ABBAZIA DI FARFA... UN GIOIELLO MONASTICO IN SABINA
Adagiato tra il verde degli oliveti sabini, a pochi chilometri da Fara in Sabina, sorge il complesso monastico dell’Abbazia di Santa Maria di Farfa, fondato nel VI secolo ed ancora oggi avvolto da un’atmosfera di grande pace e spiritualità. Distrutta dai longobardi e ricostruita nel 680, l’Abbazia divenne presto uno dei maggiori centri religiosi e politici del Medioevo. Vi soggiornò anche l’imperatore Carlo Magno durante il suo viaggio a Roma, che gli concesse l’autonomia da ogni potere civile e religioso. Proprio questo privilegio permise all’Abbazia di arricchirsi di nuovi possedimenti diventando una delle più importanti e potenti dell’Italia centrale nonché sede, con la riforma cluniacense, di un importante scriptorium. Una cinta muraria fortificata, a cui si accede attraverso un bel portale romanico con aggiunte gotiche del 1210, racchiude il piccolo borgo medievale che conserva ancora intatte le vie acciottolate e le case originarie. Si accede all’Abbazia tramite un portale gotico, al di sopra del quale si trova un affresco di Cola dell’Amatrice del 1508. L’interno, a tre navate divise dalle originarie colonne ioniche del XII secolo, conserva un soffitto a cassettoni, mentre il soffitto del transetto e dell’abside sono decorati con insolite grottesche ad opera degli Zuccari. Al di sotto dell’altare maggiore è possibile vedere l’apparto murario originario della primitiva chiesa. Infine, il bel campanile romanico conserva nella base gli affreschi del IX-X secolo.


