


44. Pizza Pe Tera di Labico
La storia
La “Pizza Pe Tera” è un’eccellenza gastronomica del comune di Labico, un paese dalla storia antica appartenente all’Area Prenestina e dei Monti Lepini. Si tratta di un prodotto da forno preparato tradizionalmente durante il periodo pasquale. Il procedimento, molto lungo ed elaborato, richiede ingredienti semplici come farina di frumento tenero 00, zucchero, latte e olio di semi (o margarina), lievito, uova, anice, liquore e sale. La prima fase prevede la preparazione di un impasto chiamato in dialetto “la lazza”, fatto con solo farina, lievito di birra ed acqua e lasciato lievitare un paio di giorni. Successivamente si aggiungono all’impasto altra farina ed altro lievito, quindi uova, zucchero, latte, olio, liquore ed anice. L’impasto viene lavorato fino a formare dei filoni, del peso variabile tra gli 800 grammi e 1 chilo, che vengono nuovamente lasciati a lievitare per circa dieci ore. Al termine della lievitazione si spennella la superficie con dell’uovo sbattuto e si infornano i filoni per circa 35 minuti.
Il nome di questa specialità pasquale è da collegarsi al fatto che pur somigliando ad un filone di pane ha una preparazione molto più simile alla pizza. Il fatto di essere adagiata direttamente sul forno, senza l’ausilio di teglie, spiega invece l’uso della definizione “pe tera”. Questa pizza unica, diversa dalle altre tipicità pasquali, può essere accompagnata con condimenti dolci come la cioccolata ma la tradizione di Labico la predilige accompagnata dal salame corallina locale.

Il prodotto
La Pizza Pe Tera di Labico, contraddistinta dalla forma a filone, ha un colore marrone molto scuro. L’elevata intensità olfattiva si caratterizza per le pronunciate note di agrumi, uova, latte, anice e margarina, abbinate a sentori di farina e lievito. Al gusto si presenta dolce e con una leggera nota salata. La consistenza è morbida con una media persistenza aromatica.
IL PERCORSO DELLE FONTI DI LABICO
Nel territorio di Labico è possibile percorrere un bell’itinerario di circa 5 km che si snoda attraverso noccioleti, boschi di castagno e carpino lungo la Valle delle Canepine (dal nome della canapa che fino al 1930 circa veniva coltivata e lavorata in quest’area). Il tracciato è denominato “Percorso delle Fonti” perché consente di visitare tutte le evidenze storiche ed architettoniche (come cunicoli romani, ponti, fontane e sorgenti) legate all’approvvigionamento idrico del territorio.
La prima fontana, chiamata il “Pantano”, è visibile vicino alla stazione ferroviaria; presso il fontanile della “Forma” sono stati invece scoperti i resti di un ponte in blocchi in “opera quadrata” databile all’epoca repubblicana. Dopo le sorgenti della “Costa dei Casali” e la “Fontana delle Brocche”, si raggiunge la “Fontana dei “Vignani”, con una vasca rotonda, oggi interrata, usata in passato per la macerazione della canapa. Anche presso la “Fontana di Centogocce”, ritornando verso il paese, è conservata una vasca utile per la lavorazione della canapa. Presso il Lavatoio poi, tuttora funzionante grazie alle acque provenienti da un cunicolo romano, è visibile la fontana del “Bottino” ed ancora, salendo lungo via della Fontana, il complesso degli “Arnari”. Prima di Piazza della Libertà, infine, lungo quello che doveva essere il tracciato dell’antica Via Casilina, è conservata una vasca medievale, utilizzata probabilmente come fonte pubblica.


