


19. Salame Cotto di Nepi
La storia
La tradizione del salame cotto è tipica di tutto il viterbese, ma nel borgo di Nepi la preparazione di questo salume si differenzia dal resto della Tuscia rendendolo un prodotto particolarmente apprezzato e ricercato. Il primo a documentare l’esistenza del “salame cotto” fu Apicio, un famoso cuoco romano, che nel suo celebre ricettario “De Re Coquinaria” del I sec. d.C., descriveva come questo salume campeggiasse sulle tavole dei patrizi romani, già dall’epoca imperiale.
Oggi la preparazione nepesina è portata avanti da pochi artigiani norcini che continuano la produzione locale, che pur potendo essere fatta tradizionalmente tutto l’anno, viene effettuata da aprile a novembre quando le temperature più calde favoriscono la corretta evoluzione del prodotto. Il processo di preparazione prevede che il salume sia ottenuto dalle carni di suini allevati esclusivamente in Italia. Nello specifico le carni magre della spalla vengono tritate, mescolate al grasso di maiale tagliato a punta di coltello, quindi condite con sale, pepe ed aromatizzate con vino ed aglio. La carne viene quindi insaccata nel budello naturale cui viene data la caratteristica forma a ferro di cavallo con legatura al centro, che divide l’insaccato in due salami. Segue la fase dell’affumicatura per una notte, in cella o vicino al camino, e bollitura per circa tre ore. Poiché il salume non si conserva a lungo, il salame cotto viene venduto, rigorosamente intero, non appena raffreddato.

Il prodotto
Il Salame cotto di Nepi, dalla caratteristica forma a ferro di cavallo, ha un colore uniforme rosso-rosa del magro e bianco-rosa del grasso, più o meno intensi a seconda del grado di affumicatura. L’elevata intensità olfattiva si caratterizza per le pronunciate note di carne cotta, aglio e pepe abbinate a sentori di vino e di affumicato. Al gusto si presenta armonicamente salato e sapido, con una leggera nota dolce ed acidula. Buona la masticabilità e la persistenza aromatica.
L’ACQUEDOTTO DI NEPI
L’ingresso alla cittadina di Nepi è segnato dalla mole di un imponente acquedotto, realizzato con un sistema di grandi file di arcate su due ordini, che si erge grandioso per 285 metri fino ad appoggiarsi alle mura farnesiane. Nonostante l’aspetto richiami un’epoca antica, l’acquedotto fu progettato intorno alla metà del 1500 e costruito solo nel 1700. L’intento era naturalmente quello di portare l’acqua al centro abitato di Nepi. La maggior parte del tracciato dell’acquedotto correva sotterranea, ma in prossimità delle mura della cittadina il dislivello da superare era molto ampio. Per trovare una soluzione fu chiamato un team di architetti, tra cui lo stesso Giacomo Barozzi, detto il Vignola, che progettò l’opera ingegneristica. I lavori tuttavia furono portati a termine solo nel 1727 dall’architetto Filippo Barigioni, per volere del Cardinale Giuseppe Renato Imperiali. La bellezza dell’opera ha attirato l’interesse di vari artisti nel corso dei secoli. Nel 1828, durante il suo viaggio in Italia, il pittore inglese William Turner ha immortalato le arcate dell’acquedotto nei suoi schizzi. Il maestro Mario Monicelli ne fece lo sfondo delle prime scene del suo capolavoro L'armata Brancaleone e lo stesso acquedotto compare in alcune scene del film Per grazia ricevuta con Nino Manfredi, girato nel 1971. Ancora oggi la struttura perfettamente funzionante alimenta le monumentali fontane cittadine e si fa ammirare dal visitatore moderno.


