


01. Aglio Rosso di Castelliri
La storia
L’aglio rosso di Castelliri, ecotipo locale di Allium Sativum L., nato dalla fortunata combinazione di aglio bianco e aglio rosa, ha trovato terreno fertile nelle soleggiate colline e pianure di questo comune del frusinate, in cui risulta coltivato da tempi remoti. Dagli inizi dell’Ottocento vasta è la documentazione del Regno di Napoli che fa riferimento a questa coltura. All’epoca, infatti, il comune di Castelliri, parte del Circondario di Sora in provincia di Terra di Lavoro, aveva assunto un ruolo strategico nelle direttrici del commercio dell’aglio verso la capitale del Regno. I metodi di coltivazione, lavorazione e conservazione del prodotto rispettano ancora oggi i tempi ed i modi tradizionali. La semina, su terreni di natura prettamente argillosa, è fatta da metà novembre fino a dicembre; il raccolto manuale, con l’ausilio di una vanga, ha luogo a giugno. Le piante essiccate sono riunite in mazzi da 25-50 teste, appesi ad asciugare in luoghi asciutti e ventilati per circa un mese. In seguito, dopo aver sottoposto le foglie a bagnatura in tinozze di legno per un’intera notte, si passa all’intrecciatura manuale. Le trecce così ottenute, formate da diverse teste d’aglio, sono lasciate asciugare ancora per 1-2 giorni, quindi pronte per il consumo. Tradizionale è anche la pratica di estrarre manualmente, a maggio, il germoglio della pianta, il tallo o in dialetto “cazzarieglie”, per permettere al bulbo di crescere e per ottenere un prodotto molto ricercato in cucina, che la tradizione ciociara predilige lessato intero o ridotto in crema, quindi conservato in vasetti sott’olio.

Il prodotto
L’Aglio Rosso di Castelliri ha un colore che varia dal biancastro delle tuniche esterne al rosa delle tuniche interne. L’elevata intensità olfattiva si caratterizza per le note agliacee, abbinate a sentori di vegetale fresco. Al gusto si presenta armonicamente dolce e acido, con una pronunciata nota piccante ed una leggera astringenza. Buona persistenza aromatica.
PAOLO SCALA E LA COLTIVAZIONE DELL’AGLIO
“Più che un lavoro, coltivare l'aglio per me è una passione!” Così ha inizio il racconto di Paolo Scala che continua: “La coltivazione dell’aglio in questi luoghi è sicuramente risalente ai tempi dei Borbone. Negli anni ‘50 veniva commercializzato fuori regione, trasportato su grossi camion. Poi con l’avvento della globalizzazione, la produzione è stata abbandonata”. Ma circa venti anni fa Paolo, in accordo con altri coltivatori, divenuti tutti soci dell’Associazione Aglio Rosso di Castelliri, ha deciso di riprendere la produzione di questo ecotipo locale, i cui semi erano ancora custoditi da anziani contadini del paese. “Ricordo che il signor d'Arpino mi diede due trecce, una cinquantina di teste, e con quelle ho iniziato. Oggi lavoriamo l’aglio con metodi tradizionali, senza fitofarmaci o erbicidi, manualmente, con le zappe o le motozappe”. Per Paolo si tratta di una missione: “Se nessuno più si dedica alla coltivazione di questi prodotti, perché non è conveniente o è difficile vivere nelle aree rurali, si perde anche la risorsa genetica ed un immenso patrimonio di sapere e di saper fare”. Infine ci riporta un modo di dire del paese che recita: “L'aglio è il farmacista dell'uomo di campagna”, a sottolinearne le capacità curative. “Per me - conclude il Signor Scala - è e sarà sempre una passione filiale. Io dico sempre di avere tre figli. 'Na figlia qua fa il medico, uno vive in Francia e fa l'ingegnere, il terzo si chiama Aglio - sorride sotto i baffi e specifica - È l'aglio rosso di Castelliri, il mio aglio!”


